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[ Traduzione di Alessandra Ponticelli Conti ]

 

 

Elle me dit

(et je fus, malgré tout, profondément attendri car je pensai: certes je ne parlerais pas comme elle, mais, tout de même, sans moi elle ne parlerait pas ainsi, elle a subi profondément mon influence, elle ne peut donc pas ne pas m’aimer, elle est mon œuvre):

«Ce que j’aime dans ces nourritures criées,

c’est qu’une chose entendue comme une rhapsodie

change de nature à table

et s’adresse à mon palais.

 

Pour les glaces

(car j’espère bien que vous ne m’en commanderez que prises dans ces moules démodés qui ont toutes les formes d’architecture possible),

toutes les fois que j’en prends, temples, églises, obélisques, rochers,

c’est comme une géographie pittoresque

que je regarde d’abord et dont je convertis

ensuite les monuments de framboise

ou de vanille en fraîcheur dans mon gosier.»

 

 

(Testo tratto da La Prisonnière)

 

*

 

Mi disse

(e, nonostante tutto, ne fui profondamente intenerito perché pensai: certo non parlerei come lei, ma, d’altra parte, senza di me non parlerebbe così, ha subìto profondamente la mia influenza, non può quindi non amarmi, è opera mia):

«Ciò che mi piace in quei cibi gridati*

è che una cosa sentita come una rapsodia

cambi natura a tavola e si rivolga al mio palato.

 

Quanto ai gelati

(poiché voglio sperare che me ne ordinerete solo in quegli stampi di una volta che hanno ogni forma di architettura possibile),

tutte le volte che ne gusto uno, templi, chiese, obelischi, rocce,

è come una geografia pittoresca  che   guardo prima e di cui converto

dopo i monumenti di lampone

o di vaniglia in freschezza nella mia gola.»

 

 

*Alimenti smerciati da venditori ambulanti per strada, con grida di richiamo.

 

 

(Testo tratto da La Prigioniera)


 Biancamannu - 10/07/2012 01:53:00 [ leggi altri commenti di Biancamannu » ]

"Tout ce tient" dans <A’La Recherche du temps perdu>. Marcel riesce a cogliere gli aspetti più diversi del vivere - inattesi e quasi incoerenti per il lettore sprovveduto - e a congiungerli sapientemente, tramite la sua acuta e raffinata sensibilità, con una, altrettanto formidabile e tridimensionale, prensione estetica e intensione etica.Non moraleggiante o moralistica.
Il brano <La prigioniera>,proprio riferendosi- salvo una mia défaillance di memoria - ad Albertine ,costituisce uno specifico saggio proustiano della potenza dell’immaginario unita al potere creativo della parola su sfondi resi superbamente dinamici dalla sapienza descrittiva- ancora parola. Mediante simili elaborati intrecci l’Artista costruisce personaggi squisitamente unici e vivi, che egli ama e volubilmente detesta, come accade con le proprie creature ribelli, che tuttavia riesce a rendere plasticamente flessibili nell’assecondare il suo gioco demiurgico e perverso, nel quale la seduzione, la momentanea ripulsa, la gelosia, l’ansia di dominio, si articolano e si svolgono.E sono vita che si vive e si guarda vivere. D’altronde innamorarsi non è forse l’attribuzione al partner delle qualità necessarie per dar vita all’alterno gioco della fascinazione amorosa, non propriamente e pariteticamente reciproca? E allora ecco l’ansia,la fatica,la tensione, il progetto in vista di godimenti contemporaneamente fugaci e assoluti. Colui che possiede la forza consapevole del senso e del suo sprofondare,pregusta e gusta il potere di gestire i fili mentali/verbali della volizione e dell’azione. Fili che si diverte ad aggrovigliare intorno allo scopo prefigurato - la sua stessa creazione! - ai quali o non consente di annodarsi,oppure, se vi acconsente, impone il proprio diritto/potere di reciderne il viluppo,secondo che decidano la libera, e non frivola, volontà e necessità d’Autore.

 Maria Musik - 09/07/2012 19:40:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

"... ha subìto profondamente la mia influenza, non può quindi non amarmi, è opera mia."
Bisogna spogliarsi di sè ed entrare nei panni del "creatore" della Prigioniera per non risentirsi profondamente di una tale frase. Eppure, vi colgo un’autoironia che, un po’, mi tranquillizza. E rimango a chiedermi se il Nostro, si celebri in questi suoi architettonici gelati o sorrida della trasposizione ardita, ma efficace, dell’arte monumentale nei multiformi dolci, del piacere estetico che scivola gustoso fra palato e gola.

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